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Dormire in campagna: storia di una cittadina nell’entroterra Romagnolo
Sono nata in città. Precisiamolo.
Per quanto Alessandria sia una piccola città, è pur sempre una città.
Sono cresciuta in un appartamento. Va detto.
Confortevole, dotato di efficienti balconi, e anche se ai tempi sognavo un terrazzo (sogno che ho ancora oggi), non ho mai e dico mai desiderato la classica “villetta”.
Non solo. Quando mio padre in un suo consueto momento pindarico, paventò a me e mia madre l’ipotesi di andare a vivere in una casa semi-indipendente… Noi ci opponemmo con forza!
“Ma non ci penso neanche, ma poi mi ritrovo a dover lavorare molto di più. E chi lo cura il giardino? E chi pulisce tutti quei metri quadrati? E le scale? Devo pulire anche le scale? Cosa importa che al giardino ci penseresti tu e che hai sempre pulito anche tu casa nostra??? Non ci voglio venire”: la mia mamma.
Fatto sta che la risposta, mi sembra chiaro, fu: no.
Di appartamento, in appartamento
Da allora la mia vita è sempre stata caratterizzata da appartamenti.
A Milano ho vissuto totalmente sola per interi anni, prima in una casa dove sentivo i vicini urlare con i loro figli alle 4 di notte… A volte mi svegliavano dalle urla che facevano. Ma poi mi riaddormentavo serena quando capivo che tutto era sotto controllo.
Poi per interi anni nella mia casetta dove sentivo i vicini solo di rado, tranne la domenica mattina che era il giorno in cui la tipa del piano di sopra, non si sa perché, si metteva a telefonare alla finestra e riusciva a rendermi partecipe di ogni singola parola anche alle 8 di mattina. Mai che dicesse qualcosa di interessante però.
Ma la realtà è che ero abituata a loro e tutto sommato, mi tenevano compagnia dandomi l’illusione che se mai avessi avuto bisogno, mi bastava urlare e mi avrebbero sentito (e soccorso?) subito. E si sa che alle volte basta crederci.
E poi arrivi in Romagna.
Lungi da me il pensiero di cercare o affittare una casa in campagna e per mia gioia l’ipotesi non è neppure stata valutata.
Solo che Michele un giorno esordisce: “Questa settimana dormiamo in campagna. I miei genitori vanno via, quindi ce ne stiamo una settimana da loro”.
Panico. La mia prima reazione è stato il panico.
Solo che… non è che posso spaccare le palle proprio sempre no? Dovrò pur cercare di evitarlo qualche volta? E allora: “Ok, perfetto. Bello!”.
Durante il giorno, la magia.
Gli alberi di frutta (sempre loro) tutti attorno. Il verde più rigoglioso. L’erba alta che, giuro, era piena zeppa di fiorellini spontanei. Una pace che manco nei video new age e un senso di quiete che neppure 3 sedute di yoga sanno donare.
Il momento del tramonto è poi spettacolare… Quindi basta così “poco” per godere di tutto questo e pure tutti i giorni?
E poi arriva il buio. Merda lo sapevo, è buio.
La casa è gigantesca, fuori non si vede nulla e tutti i rumori che prima mi sembravano poetici, diventano un incubo. A mio discapito posso solo dirvi che da brava cittadina, io le case di campagna non le ho mai realmente capite.
Se in viaggio mi è capitato di dormire ovunque senza mai preoccuparmi minimamente: panchine, ostelli mal frequentati o radure scelte a caso dove fare campeggio libero… la casa di campagna, a me, suscita inquietudine. (E qui toccherebbe chiedere a uno bravo, ma non ne abbiamo il tempo).
Se a questa mia debolezza però aggiungiamo gli amici che passano l’intera serata a raccontare dei diversi furti subiti da loro e dai vicini…
Dormire in campagna: i miei “sintomi”
Le cose sono andate così:
1. Michele entra in casa e io mi terrorizzo. Salto e urlo con batticuore per 3 minuti.
Sì, era solo entrato in casa, ma il problema è che l’aveva fatto senza avvisare.
2. Non appena mi tocca (caspita, mi tocca!) andare in bagno inizio ad accendere tutte le luci che manco una galleria d’arte è così illuminata.
3. Sento ogni rumore e non manco mai di chiedere: “Ma che cosa è? Perché c’è questo rumore?”.
4. Non esco fuori da sola neppure a pagamento.
5. Non voglio restare dentro da sola, a meno di non essere pagata.
6. Non appena parte un allarme di un vicino perdo 5 anni di vita. E non mi venite a dire che è normale e via dicendo, perché per me, non lo è.
7. Chicca delle chicche: per dormire chiudo tutte le porte a chiave. Quella della nostra camera, quelle del corridoio… e non mi consola il fatto di sapere che c’erano già tutte le porte chiuse e l’allarme inserito. Io sono per la reclusione.
8. Resisto! La pipì la tengo fino al mattino. Col cavolo che mi alzo in piena notte in una grandissima casa di campagna…
9. Quando i cari amici mi fanno notare un quadro di quelli classici… dei film dell’orrore con bimba che guarda chi la osserva e…
Ho capito che la campagna è decisamente un’oasi di pace, ma forse una “milanese” non è fatta per tutta questa pace.
(Se vi va, sul canale you tube potete seguire tutti i video di 1 Milanese in Romagna o altri, iscrivetevi qui: canale Fringe in Travel)
Anche se questa volta non c’è il video mi hai fatto comunque sbellicare dalle risate !!!!
E meno male , sono contenta! (Preparati però che di video ne faremo eccome… In Albania!!!) Evviva! 😉