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Alta Via delle Dolomiti numero 1: miniguida pratica
Foto e articolo di Marco Lascialfari (Firenze)
L’Alta Via delle Dolomiti 1 è una delle vie alpine più famose e note in Italia e in Europa per la bellezza dei suoi paesaggi, per gli scenari intensi e perchè inserita nel bel mezzo delle Dolomiti. Di carattere escursionistico, dura 15 giorni e presenta solo un passaggio alpinistico (la ferrata) evitabile però per chi preferisce qualcosa di più semplice….
Ma ora il racconto passa a chi l’ha vissuta, passo dopo passo con tutti i preziosi consigli del caso.
Dati tecnici Zaino: cosa mettere? Organizzare Alta Via 1 La Ferrata Dove dormire lungo Alta Via 1 Alta Via 1 in tenda? Tappe Quanto costa fare l’Alta Via 1? |
Alta Via 1: la più varia e la più bella?
Eccomi quindi qui a scrivere della Alta Via delle Dolomiti 1.
Allora è proprio vero, ce l’ho fatta! O per meglio dire ce l’abbiamo fatta, visto che, questa volta, eravamo in due: il mio amico Andrea ed io.
Non che avessi dubbi, ma un po’ di timore si, quello c’era. Ma cominciamo dall’inizio.
Da un anno, cioè da quando avevo terminato il mio TMB – Tour del Monte Bianco cercavo un nuovo trekking di più giorni che fosse bello come quelli precedenti. Per questo avevo volto lo sguardo alle Dolomiti.
Su queste montagne c’è solo l’imbarazzo della scelta: qui sono possibili ben 11 Alte Vie, una più bella e più interessante dell’altra.
Tutte ben documentate e quindi facilmente, almeno sulla carta, percorribili.
La mia scelta, per i tempi di percorrenza e per le caratteristiche è caduta sull’ALTA VIA 1: la prima, la più nota (assieme alla n°2), la più varia.
Ora, parlare in termini numerici di questo trekking è, lasciatemi passare il paragone, come parlare di una bella donna, di un fiore, di un tramonto, in base a misure, numero di petali, tipologia dell’irraggiamento.
Ciò che si prova a camminare su questi sentieri è tutt’altro che parlare di distanze, dislivelli, ore di marcia.
Alta Via delle Dolomiti numero 1: da dove inizia? Quanto dura?
Nondimeno qualche dato occorre darlo: solo qualche accenno.
Per maggiori info vi consiglio invece di leggere le tantissime pubblicazioni (anche on-line) che sicuramente, con precisione e dovizia di particolari, servono allo scopo di informare gli appassionati.
Eccone perciò, in breve, le caratteristiche principali:
PARTENZA: | LAGO DI BRAIES |
ARRIVO: | BELLUNO |
LUNGHEZZA: | CIRCA 130 KM |
DISLIVELLO POSITIVO: | 7000 metri |
DISLIVELLO NEGATIVO: | 8000 metri |
Cosa mettere nello zaino per l’Alta Via delle Dolomiti?
Lo zaino:il consueto e sempre troppo peso!
11/12kg sulle spalle compreso un sacco di inutilità. A volte mi chiedo: ma come faccio ad accumulare così tanto peso se quel che serve sono 3 mutande, 3 calzini, 4 magliette… e poco altro. Da questo punto di vista devo imparare tanto! Non vi dirò quindi cosa metterci ma cosa, eventualmente, ridurre a cominciare da:
- Comprare un nuovo zaino per passare da uno zaino di 50+10 a un 35/40 litri SL (risparmio netto 1 kg o più)
- Considerare meglio i punti acqua del percorso e portare quindi meno acqua (risparmio ½ kg)
- Verificare la presenza sul percorso di malghe, rifugi e conseguente disponibilità di alimenti così da evitare accumulo di cibo (maggior spesa, ma minor peso).
- Eliminare quanto “forse potrebbe essere utile, non si sa mai” (qui sono bravo, ho veramente poco, forse un paio di ettogrammi).
- Eliminare, per questo trekking, sacco a pelo e materassino (poi vi dico perché li avevo portati) in modo da ridurre 1,5 kg o più.
- Invece, indispensabile per chi vuol fare il percorso integrale: kit da ferrata (imbraco, guanti e dissipatore, il casco non l’avevo, ma potrebbe essere utile).
- Fra le cose indispensabili bastoncini da trekking e saccoletto (obbligatorio in tutti i rifugi) e mai, dico mai, dimenticare: lampada frontale, fischio (attaccato allo spallaccio), coperta argentata di emergenza, cappello, guanti, cerotti per vesciche.
Ma si, va bene, ma quando si parte?
Calma prima di mettersi gli scarponi avete chiaro il percorso? Ancora no?
Come organizzare l’Alta Via delle Dolomiti 1: consigli
Io ho cominciato così…
1. Sul web
Ho scaricato gratuitamente e liberamente dal web la descrizione del percorso. Fatta veramente bene manca però, ovviamente, la mappa.
2. Mappe cartacee
Se decidete per l’utilizzo di mappe quelle che vi interessano sono le Tabacco 031-03-025-024.
Se volete risparmiare soldi e peso comprate la 03 e la 25.
La 031 iniziale è poco significativa perché comprende solo il tratto dal Braies al Sennes. Perdere il sentiero qui è impossibile.
Stessa cosa per la 024 che parte dallo Schiara per arrivare a Belluno e oltre. Eventualmente per ridurre il peso si possono comperare come APPLICAZIONI per cellulare. Ma sull’utilizzo di tale tecnologia sono un po’ perplesso.
Intanto significa ridurre la durata della batteria del cell, e poi mi fido più di una mappa cartacea di una elettronica (sarà che sono un po’ anziano). Da considerare che non sempre c’è copertura per il cellulare.
3. Guida cartacea
Altra alternativa sicuramente valida è quella di acquistare una guida cartacea che includa le mappe (di solito 1:50.000). Tale soluzione è risultata, alla fine, forse la migliore.
La guida utilizzata: Alta via 1 delle Dolomiti di Paolo Cervigni
Ferrata Alta Via delle Dolomiti: cosa sapere?
Ho parlato, poco fa, del percorso originale. Intendendo, con questo, il percorso che, nella parte finale sale alla forcella del Marmol e poi, “precipita” a valle, verso il sottostante rifugio 7° Alpini tramite la Ferrata Piero Rossi (ex Marmol) con la quale si perdono 800 metri di livello in “sole” 3 ore.
C’è da dire che la ferrata, affrontata con intelligenza, bel tempo, determinazione e ovviamente senza soffrire di vertigini, è assolutamente sicura e facilmente percorribile.
Se volete fare questo percorso ma non siete sicuri delle vostre capacità potete anche telefonare ai rifugi Pian di Fontana, 7° Alpini o Bianchet e richiedere una guida che vi accompagni. In questo caso potrete anche richiedere kit da ferrata in noleggio e risparmiare quindi sul peso dello zaino.
Per chi proprio non se la sente c’è comunque una comoda scappatoia che, togliendo solo quest’ultimo brivido, porta in poche ore di cammino dal rifugio Bianchet alla strada asfaltata (Agordina) e ad una fermata del Bus per Belluno.
In questo caso risparmiamo un giorno di cammino e circa 1 kg in meno nello zaino per aver lasciato a casa il kit da ferrata. In realtà a circa metà trekking, proprio sotto il rifugio Nuvolau, c’è un altro piccolissimo tratto attrezzato chiamato Ra-Gusella. A mio parere si fa anche con un cordino legato in vita e dotato di un solo moschettone, è talmente breve e semplice! E poi non è detto si debba passare da lì, dipende dalle varianti che intendete percorrere.
Alta Via delle Dolomiti 1: come organizzarsi per il dormire? La logistica dei rifugi
Un capitolo molto importante è quello sui rifugi.
Trovare un posto letto, in luglio e agosto, non è facilissimo, specie nella parte iniziale del percorso.
Intanto non esiste un unico sito web dove aver una chiara visione delle disponibilità. Questo comporta quindi una richiesta telefonica puntuale per ciascun rifugio (o mail, ma io preferisco il contatto diretto).
Da considerare inoltre la notevole differenza tra le zone: due regioni Trentino+Sud Tirol da una parte e Veneto dall’altra.
Nel Sud Tirol, seppure i posti letto siano organizzati come in tutti i rifugi (camerette o camerate a più letti) i ristoranti sono spesso “quasi stellati”.
Questi rifugi sono spesso raggiungibili da strade (per tutti i mezzi o da mezzi autorizzati quali taxi di montagna) o da funivie. Questo comporta una quasi totale occupazione da parte di persone che si limitano a brevi camminate e romantici soggiorni.
Non stupitevi di trovare SPA o “semplici saune”, o “camere stellate” nel senso vero del termine tipo Sky-Room.
Tanto per farvi un esempio se cercate un posto per soggiornare al Lagazuoi in luglio o agosto (bellissimo, panoramicissimo, issimo, issimo, issimo e neppure costosissimo) cominciate a chiamare a gennaio.
Più semplice trovare posto nei rifugi (più spartani e semplici) del Veneto.
Ho sentito in giro la favola (perché di questo si tratta) che, poiché si parla di rifugi, chiunque arrivi DEVE essere ospitato perché in montagna non si manda via nessuno.
Questo potrebbe essere vero per problemi di sicurezza della persona; in realtà il superamento del numero legale di pernottamenti (io potrei anche accettare di dormire in un magazzino o sotto un tavolo), va contro le leggi dello stato.
Immaginate cosa accadrebbe al gestore/proprietario se dovesse scoppiare un incendio o altre quisquiglie del genere.
E poi sia chiaro, che tipo di “ospitalità di emergenza” è quella di accettare due “bischeri” che si presentano alle 5 del pomeriggio senza aver prenotato o quanto meno telefonato il giorno prima per avere la disponibilità?
La risposta non può essere che questa: a tre ore da qui trovate la strada provinciale, avviatevi in quella direzione.
Questo NON vi spaventi.
Ci sono tante soluzioni, magari deviando di pochissimo o scegliendo Malghe o Rifugi meno noti.
Io, per farmi la totale prenotazione (consigliabile e quasi obbligatoria almeno per le prime 4 tappe) ho impiegato una mezza mattinata. Un po’ di telefonate, un’occhiata alle alternative possibili e poi un po’ di elasticità, ma tutto è andato a posto.
RIFUGI UTILIZZATI PER DORMIRE:
Sennes, Lavarella, Col Gallina al Falsarego, Malga Giau, Sonino al Coldai, Tomè al passo Duran, Sommariva al Pramperet, Bianchet, 7°Alpini.
Alta Via Dolomiti 1 con tenda?
In ultimo la tentazione di portarsi la TENDA.
Io non lo farei. Intanto sono almeno altri 2 kg.
E poi il campeggio/bivacco è espressamente vietato su tutte le Dolomiti.
Mi direte che se si piazza la tendina in modo discreto alle 8 della sera e la smontiamo alle 6 della mattina successiva non se ne accorge nessuno, va bene! Fate voi.
A me sembra più facile (e comodo) perdere mezza mattinata per una sicura prenotazione dei rifugi. Ok, partiamo.
LEGGI ANCHE: Legge sul campeggio libero in Italia |
Alta Via delle Dolomiti numero 1:
le tappe
Tutte le tappe dell’Alta Via 1 e tutti i consigli per vivere al meglio: la difficoltà, l’organizzazione e il racconto.
Dal Lago Braies al Rifugio Sennes
TAPPA 1 |
PARTENZA: (casa) LAGO BRAIES |
ARRIVO: RIFUGIO SENNES |
DURATA: 4H15′ (dati indicativi … tempi comprese pause per il tratto “camminato”) |
DISLIVELLO: + 900 m (in salita)/ – 270 m (in discesa) |
Con Andrea ho appuntamento alla stazione di Firenze Santa Maria Novella alle 6.30. Saliamo sul treno e cambiamo a Bologna per poi giungere a Fortezza.
Qui troviamo il trenino delle Dolomiti che ci conduce a Villabassa. Poi, con il bus, raggiungiamo, alle 14, il Lago di Braies.
Bellissimo, ma troppo, troppo affollato per tutti i turisti che, affascinati dalla nota Serie TV… cercano disperatamente Terence Hill.
A noi basta un caffè (facciamo la coda, è caro e neppure buono, come ovvio) e partiamo seguendo la sponda sud. Fatto mezzo periplo del lago basta salire 50 metri seguendo il sentiero che ci porta verso i rifugi Biella e Sennes e tutta la confusione scompare.
Sotto solo l’azzurro dell’acqua, davanti a noi il sentiero che si fa sempre più accidentato, solitario e verticale.
Intanto il sole velato della partenza ha lasciato spazio a nuvole cariche di pioggia e comincia a piovere. Il vento e il freddo cominciano a farsi sentire e quando scolliniamo e vediamo il rifugio Biella le mani cominciano a dolere e le cerate si arrendono.
Un piccolo stop, al riparo di un ricovero, per mangiare una barretta di cereali e ripartiamo.
Finalmente il Sennes. Bello, confortevole, e desiderato quanto mai. Vorremmo farci una doccia e poi cenare ma dalle 6 la cena è iniziata. Sono le 6.30 e se facciamo la doccia rischiamo di sforare e trovare la cucina chiusa (alle 7.30 si chiude). La doccia si fa più tardi.
Cena ottima, alla carta, doccia e alle 8.30 si dorme.
Dal Rifugio Sennes al Rifugio Lavarella
TAPPA 2 |
PARTENZA: RIFUGIO SENNES |
ARRIVO: RIFUGIO LAVARELLA (PIAN FANES) |
DURATA: 4h 20′ |
DISLIVELLO: + 500 m (in salita)/ – 570 m (in discesa) |
Fatta una splendida colazione, partiamo. Il tempo è bello.
Attraversiamo la piccola pista per aerei dove le marmotte hanno scavato le loro tane e procediamo sul sentiero. Abbiamo deciso di fare una piccola variante verso il rifugio Fodara Vedla (Vecchia Fodera).
Da lì, una volta, passava un sentiero che portava al Fanes/Lavarella senza scendere al Pederù. Questo sentiero è purtroppo, da un paio di anni, franato e non percorribile ma, pur sapendolo, aggiungiamo volentieri questa piccola variante, abbiamo tempo, siamo in ferie.
Il Fodara riposa in una piccola conca meravigliosa. È bellissimo e costituisce comunque una valida alternativa al Biella o al Sennes, basta aggiungere altri 40 minuti di cammino da quest’ultimo.
Scendiamo verso il rifugio Pederù percorrendo i troppi tornanti che fanno perdere oltre 500 metri metri di altitudine da riguadagnare, poi, faticosamente. Si risale e finalmente eccoci al Pian de Fanes.
Sembra di essere in una cartolina: la stradina sterrata, il fiumicello, il laghetto, il verde tutt’attorno, le casette di legno e pietra, il ponticello.
Prima la Malga, poi il bivio Fanes/Lavarella e con 10 minuti di cammino arriviamo al nostro rifugio. Ci assegnano due diverse camere a causa della prenotazione fatta in momenti diversi.
A me tocca una camerata nel sottotetto e più volte mi spunto le corna sulle bassissime travi, ad Andrea tocca una camera con 3 Russe del tipo “ te spiezzo in due”, non so chi dormirà peggio!
Cena sempre di ottimo livello e ‘notteeee!
La guida cartacea usata per preparare il trekking: Alta via 1 delle Dolomiti di Paolo Cervigni
Dal Rifugio Lavarella al Col Gallina
TAPPA 3 |
PARTENZA: RIFUGIO LAVARELLA (PIAN FANES) |
ARRIVO: RIFUGIO COL GALLINA |
DURATA: 6h 50′ |
DISLIVELLO: + 1000 m (in salita)/ – 600 m (in discesa) |
Aspettiamo la colazione che viene servita alle 7.30 e poi ripartiamo. Piano perché ad Andrea fa un po’ male un ginocchio sforzato nella lunga discesa al Pederù.
Ma ha una idea geniale. Utilizza una fascia multiuso (cappello, para collo, passamontagna, costo circa 3-4 euro spesi benissimo), la raddoppia e ne fa una fascia elastica: una meraviglia. Il dolore si attenua e può procedere.
Così superiamo una breve salita e passiamo accanto al Lago di Limo, poi arriviamo alla Malga Gran Fanes. Ora un lungo pianoro e poi, sulla sinistra, parte il sentiero per Forcella Lech. Con un bel po’ di fiatone e arrancando sulle rocce arriviamo al passo: sotto di noi una vertiginosa discesa verso il lago Lech o Lagaccio. Davanti a noi, su in cima, il rifugio Lagazuoi che apparirà dopo i primi tornanti.
Scendiamo sul sentiero perfettamente tenuto. Tronchi e massi fanno da retta alle varie curve. Qui la manutenzione è quasi maniacale.
Passiamo vicini al Lagaccio e poi iniziamo a salire. Non dobbiamo arrivare al Lagazuoi, non vi abbiamo trovato posto.
Dobbiamo prendere a sinistra appena sotto al rifugio e poi, dopo la forcella Travenanzes scendere al Falzarego tramite un sentiero che interseca una pista da sci.
Se avessimo avuto più birra avremmo potuto salire al Lagazuoi e poi prendere un sentiero che entra dentro la galleria della guerra ’15-’18 da consigliare a tutti (necessari casco e lampada frontale, la conosco, l’ho percorsa due anni fa in un soggiorno a San Cassiano).
Comunque in breve raggiungiamo, dopo forcella Travenanzes, il Rifugio Col Gallina, 200 metri dal passo Falzarego e tappa per questa notte.
Dal Rifugio Col Gallina alla Malga Giau
TAPPA 4 |
PARTENZA: RIFUGIO COL GALLINA |
ARRIVO: MALGA GIAU (sulla carta indicata anche come Casera Giau) |
DURATA: 4h 30′ |
DISLIVELLO: + 590 m (in salita)/ – 500 m (in discesa) |
Partiamo assieme ad una ragazza Austriaca di nome Miriam. Per un po’ percorreremo una variante della Alta Via.
Passeremo vicinissimi alla parete verticale Sud dell’Averau, minor saliscendi, ma un sentiero più emozionante e panoramico.
Saliamo la prima rampa, durissima, poi ci inoltriamo in un sentiero roccioso e stupendo; quasi arrampichiamo – ho detto quasi, non esageriamo!
Poi giunti alla forcella Averau seguiamo il sentiero che, sul pietrisco immediatamente sotto la parete verticale, gira attorno all’Averau. Scorci mozzafiato con la Marmolada che, in fondo al panorama, brilla al sole.
Arriviamo al Rifugio Averau: bello, delizioso, quasi intoccabile poiché sempre completo e raggiunto da una comoda seggiovia. Passiamo oltre ma qui salutiamo Miriam. Lei scende verso i rifugi Scoiattoli, 5 Torri, Croda del Lago per seguire un percorso che si riunirà al nostro fra due giorni.
Noi andiamo dritti, saliamo verso il Nuvolao. Questo rifugio, assieme al Lagazuoi sono i posti (dove dormire) più panoramici di tutto il trekking. Lo sguardo ruota attorno al piccolo e semplice rifugio e copre tutti i 360°.
Solo gli occhi riescono a veder la meraviglia che circonda il posto. Si respira bellezza e anche semplicità. Ora di stellato, se si trova modo di dormire qui, non ci sarà il menù ma solo il cielo.
Due chiacchiere col guardiano e ci imbrachiamo. Un primo sentiero attrezzato ci fa scendere di alcune decine di metri, poi un sentiero ben segnalato e ancora la piccola ferrata Ra Gusella. Semplicissima e sicura.
Incontriamo anche alcuni bambini che salgono verso di noi. Il sentiero scende ancora e poi gira decisamente verso destra verso il passo Giau.
Noi invece proseguiamo dritto e in poco raggiungiamo Malga Giau dove abbiamo trovato da dormire.
Ci accoglie la gentilezza della proprietaria, la signora Barbara, la bellezza del luogo, la pulizia del rifugio, l’ottimo cibo e, se non bastasse, lo splendido panorama che, al tramonto, arrossa le cime davanti a noi. Per non parlare dell’alba del mattino successivo.
Dalla Malga Giau al Rifugio Sonino
TAPPA 5 |
PARTENZA: MALGA GIAU |
ARRIVO: RIFUGIO SONINO AL COLDAI |
DURATA: 8h 30′ |
DISLIVELLO: + 850 m (in salita)/ – 890 m (in discesa) |
Oggi, quella che ci attende, è una tappa piuttosto lunga ed impegnativa.
Prendiamo un sentiero che, unendosi a quello proveniente dal Giau, ci porta a salire alla Forcella Giau dove asinelli e muli pascolano indisturbati. Ci raggiunge un ragazzo Australiano di nome Sam ospite assieme a noi alla Malga. Va troppo veloce rispetto a noi anziani.
Farà un lungo giro e rientrerà alla Malga. Cosa ci faccia da queste parti è un mistero. A dire il vero l’ha detto ma io con il mio scarso inglese non l’ho capito.
Ci dividiamo e noi affrontiamo il possente Pelmo. Vi giriamo attorno e arriviamo al rifugio Città di Fiume, ma prima incontriamo una “scolaresca” di bambini guidati dalla loro maestra… Ci avviciniamo, qualcosa non quadra! Cavolo, non è una scolaresca: sono un gruppo di giapponesi preceduti dalla loro guida Italiana (donna).
Bando alle bischerate: ripartiamo verso lo Staulanza.
Vi arriviamo, 500 metri di asfalto e giriamo verso Malga Vescovà. Abbiamo deciso di fermarci qui a mangiare un boccone. Abbiamo un nostro panino e nessuno obietta se mangiamo quanto abbiamo con noi.
Poi chiediamo un dolce e un caffè. I piatti che ci passano davanti profumano di funghi; un vero peccato esserci fatti un panino alla partenza. Ci serve una ragazza che appena ci sente parlare ci dice: voi siete delle mie parti, io sono di Prato. Certo il mondo è veramente piccino.
Lavora qui durante la stagione estiva poi non sa cosa farà, si starà a vedere.
Riprendiamo il cammino saliamo, saliamo, saliamo. Dopo un pianoro arriviamo ad una malga e poi comincia un sentiero veramente duro, specialmente dopo tante ore di cammino. Il lungo percorso verso il Coldai sale all’infinito ma finalmente arriviamo al Rifugio Sonino.
A cena si unisce a noi una ragazza tedesca, Catherine, che parla un buon Italiano. In camera nostra c’è anche una coppia tedesca che parla un italiano quasi perfetto, ma sono un po’ musoni e cenano da soli limitandosi a poche parole oltre il buonasera.
Poi dopo cena uno spettacolo di colori: il Pelmo si arrossa e da il meglio di sé. Foto, commenti ma poi si rientra: fa veramente freddo.
Dal Rifugio Coldai al Tomè/Passo Duran
TAPPA 6 |
PARTENZA: RIFUGIO COLDAI |
ARRIVO: RIFUGIO TOME’ AL PASSO DURAN |
DURATA: 9h 50′ |
DISLIVELLO: + 960 m (in salita)/ – 1480 m (in discesa) |
Se quella di ieri è stata una tappa dura, quella di oggi lo sarà di più . Sulla carta sarebbero circa 7 ore, ma noi siamo un po’ “agees” .
Dopo colazione salutiamo Catherine e la coppia tedesca e saliamo verso il Laghetto Coldai. Pioviggina, ma non dà fastidio. Arriviamo dopo poco al bivio che va verso il Rifugio Tissi (alternativa per il pernottamento dopo il Coldai) e proseguiamo.
Il Tissi, pur richiedendo un’ora in più di cammino è su uno sperone di roccia inclinato proprio davanti al Civetta, una posizione veramente invidiabile.
Il sentiero che percorriamo è fantastico e per niente impegnativo così, scansando le numerose mucche che pascolano placide, proseguiamo lungo la parete del Civetta.
Le sue torri svettano nel cielo diventato azzurro. Mi ripeto: uno spettacolo che lascia senza fiato. Anche perché il poco fiato che abbiamo ci serve per andare avanti.
Siamo già stanchi e non siamo ancora a metà del percorso; ci fermiamo al rifugio Vazzoler per un caffè (ci vuole proprio). Sulla carta mancano ancora 4 ore al termine tappa. Ma quanto sono lunghe 4 ore!
La nostra meta è il passo Duran anche se poco prima ci sarebbe un altro rifugio: il Carestiato. Molto bello e accogliente, ma noi non vi abbiamo trovato posto. Poco male, ancora 40 minuti e arriviamo al passo Duran.
Qui 2 rifugi, valide alternative al Carestiato: il Tomè e il San Sebastiano.
Noi abbiamo prenotato al Tomè e così, letteralmente DISTRUTTI (abbiamo impiegato quasi 10 ore fra camminata, caffè, merendina, pranzo, un numero imprecisato di soste tecniche, invece delle 7 da manuale) ci buttiamo sulle brandine felici di aver portato a termine questa lunga giornata.
Va bene, la doccia, il bucato, la cena… tutto questo come al solito. Buonanotte!
Dal Rifugio Tomè al Pramperet
TAPPA 7 |
PARTENZA: RIFUGIO TOME’ |
ARRIVO: RIFUGIO SOMMARIVA AL PRAMPERET |
DURATA: 5h 15′ |
DISLIVELLO: + 570 m (in salita)/ – 350 m (in discesa) |
Partenza di buon ora. Dopo un pezzetto di asfalto si prosegue nel bosco. Andrea, accanito cercatore di funghi, spazzola con lo sguardo i lati del sentiero.
Un paio di “gallinelle”, qualche porcino non commestibile, due grosse manine, uno strano fungo nero e marrone, alcune russole, pennenciole non buone, quattro magnifici porcini e zitti zitti, proseguiamo.
Senza fatica andiamo avanti mentre altri trekker ci precedono ed altri ci seguono. Che sorpresa! Dietro a noi arrivano 4 ragazzi, tra loro la ragazza austriaca Miriam. Un caloroso saluto, loro sono più giovani e veloci e quindi un definitivo (?) “Bye Bye”.
Eccoci ora a Malga Moschesin, su un bel prato ci sono due baracche e davanti a loro una magnifica fonte di acqua gelida. In questo posto, con un po’ di spirito di avventura si potrebbe anche dormire. Nella baracca principale ci sono brande e tavolati.
Un angolo per il fuoco e sicuramente qualche roditore messo li dalla pro loco. Poi sul sentiero incontriamo due Carabinieri Forestali. Quattro parole e la loro richiesta di portare un saluto ai gestori dei successivi rifugi. Lo faremo con gioia. Si prosegue fino ad arrivare al Forte Moschesin: una vecchia struttura militare abbandonata.
Davanti a noi il gruppo montuoso del Pramper e del Pramperet fa da protezione al pianoro dove è stato costruito il Rifugio Sommariva, nostra prossima meta (nelle vicinanze anche un altro posto valido: Malga Pramper). A sud si comincia a vedere il gruppo dello Schiara. Oltre lo Schiara ci immaginiamo la vallata di Belluno, nostro punto di arrivo finale.
Si sale ancora sul sentiero panoramico e finalmente si scende verso il poco lontano rifugio. Siamo appena a 10 minuti dall’arrivo e… no ancora tu, Miriam!
Lei e i ragazzi stanno proseguendo verso quella che, domani, sarà la nostra meta. Noi NO. Ci fermiamo qui al Sommariva è già sufficiente per oggi.
A tavola un po’ di chiacchiere con un ragazzo di Belluno, i simpatici gestori, 4 Inglesi e tanti altri.
Dopo cena, mentre aspettiamo la luna rossa e la successiva eclissi, ci passa a trovare Antony. Chi è Antony? Ma è un magnifico e possente cervo che quasi tutte le sere viene a salutare e dare la buonanotte agli ospiti del rifugio.
Dal Rifugio Sommariva al Bianchet
TAPPA 8 |
PARTENZA: RIFUGIO SOMMARIVA |
ARRIVO: RIFUGIO BIANCHET |
DURATA: 7h 15′ |
DISLIVELLO: + 720 m (in salita)/ – 1100 m (in discesa) |
La tappa di oggi è relativamente breve. Quindi ce la prenderemo calma e faremo diverse soste senza preoccuparci molto.
Inizialmente avevamo ipotizzato, dopo il passo Zita e il successivo rifugio Pian di Fontana, di salire i 1.000 metri verso il Bivacco Bocco al Marmol (in totale oltre 7 ore di cammino). Lì passare la notte.
Poi ragionandoci sopra e facendo una seria riflessione sui pro e i contro abbiamo deciso diversamente.
Aggiungeremo una giornata al nostro trekking ma saremo sicuramente più riposati per affrontare la Via Ferrata Piero Rossi (Marmol).
Se avessimo deciso per la sosta notturna al Bivacco Bocco ci saremmo dovuti sobbarcare il maggior peso per cibo e acqua per la sera, la notte e la mattina successiva. Per questa ipotesi e per il timore di non trovare adeguati giacigli al Bocco, ci siamo portati sacco a pelo e materassino gonfiabile.
Scopriremo domani che il Bocco è stato completamente ristrutturato e rinnovato, ma ne parliamo domani.
Saliamo quindi sul ripido pendio che porta allo Zita. Anche il sentiero, dopo la forcella, scende con una pendenza niente male. Marmotte, fiori di tutti i tipi, stelle alpine. E in fondo il Rifugio Pian di Fontana.
Ci fermiamo più di un’ora a mangiare un boccone e a bere un caffè. Non vi abbiamo trovato posto per dormire e dobbiamo proseguire.
Il gestore ci ringrazia per aver telefonato e aver deciso di andare al Bianchet e quindi non averli messi in difficoltà (pernottamento in locali invernali o all’esterno).
Quattro chiacchiere con gli altri ospiti del piccolo ristorante e una piccola indagine per sapere quale ferrata prendere per scendere facilmente dallo Schiara e poi si riparte.
Ancora quasi due ore ma, senza troppa fatica, arriviamo al bel rifugio Bianchet.
Bello e accogliente, è sul percorso che permette di raggiungere la strada provinciale e quindi evitare la salita allo Schiara e la successiva Ferrata verso il rifugio 7° Alpini.
Molti fanno questa variante e, senza kit da ferrata, questo è praticamente un obbligo.
Noi però non chiudiamo la nostra Alta Via così, domani torneremo indietro di mezzora e faremo il percorso originario salendo alla forcella Marmol e scendendo dallo Schiara.
Siamo arrivati col sole e presto. Più tardi arrivano altri clienti e piove che sembra un diluvio. La cena e il dopocena trascorrono in allegria con Tiziano, Annamaria e i rifugisti Enzo e Sonia. Canti, aneddoti, ricordi di montagna, sogni.
La ferrata Pietro Rossi – Ex Marmol
TAPPA 9 |
PARTENZA: RIFUGIO BIANCHET |
ARRIVO: RIFUGIO 7° ALPINI |
FERRATA PIETRO ROSSI (EX MARMOL) |
DURATA: 8h 30′ |
DISLIVELLO: + 950 m (in salita)/ – 990 m (in discesa) |
Tutti ci hanno consigliato la ferrata Piero Rossi (ex Marmol) più semplice e veloce delle altre. Così, dopo colazione, ritorniamo sui nostri passi e, tramite un sentiero che fa da bretella, raggiungiamo facilmente la forcella Nerville.
Abbiamo già 300 metri di salita nelle gambe e ce ne aspettano altri 700. Davanti a noi l’imponente Schiara e la forcella Marmol che la separa dal monte Pelf.
Su lingue di neve ghiacciata e pietre si sale. E poi dopo 3 ore dalla partenza si raggiunge la Forcella. Ci imbrachiamo, da qui inizia la ferrata.
La parte in salita è piuttosto mal ridotta con cavi tranciati e chiodi allentati. Ne ero a conoscenza. So anche che si tratta del solo tratto iniziale e certamente non pericoloso. Poi si comincia a scendere.
Ecco il Bivacco Bocco e lì sotto, appena 800 metri più in basso, il rifugio 7° Alpini.
Il bivacco Bocco è un piccolo container a botte di colore rosso. Ancorato al cemento su uno spuntone roccioso a strapiombo sul dirupo.
Perfetto, al suo interno sei brande con materassi e coperte nelle loro buste di nylon, qualche accessorio, una pala da neve, un tavolino… niente più.
Tutto pulito e ordinato.
Passare una notte qui deve essere bellissimo (tramonto e alba sicuramente da urlo), ma attenzione, anche per una semplice pipì notturna si esce LEGATI.
NON scherziamo siamo sulla verticale della parete e scendere di alcune centinaia di metri in un colpo solo non sarebbe piacevole.
Noi passiamo curiosi, diamo un’occhiata al suo interno e poi si riprende a scendere.
Tre ore con il dissipatore quasi costantemente ben ancorato al cavo d’acciaio.
Qualche scaletta e sentieri sconnessi.
Ora la ferrata Rossi si unisce alla Zacchi. Si continua a scendere e finalmente si atterra su un prato erboso. Siamo al Porton: una strana formazione della roccia della parete. Una specie di enorme portone che segnala la partenza/arrivo della ferrata.
Raggiungere il rifugio è, ora, solo questione di poche decine di minuti.
Dal Rifugio 7° Alpini a Case Bortot/Belluno
TAPPA 10 |
PARTENZA: RIFUGIO 7° ALPINI |
ARRIVO: CASE BORTOT (e poi casa) |
DURATA: 3h 10′ |
DISLIVELLO: + 100 m (in salita)/ – 800 m (in discesa) |
Ieri sera abbiamo mangiato benissimo accolti dalla gentilezza di Marino e Lara, i gestori del rifugio. Vivono qui assieme ai loro figli, 2 gemelli di 7-8 anni, ed ai due cani: Tina un pastore del Caucaso di 11 mesi e Stella, un incrocio di mille razze.
Alle 7,15, dopo colazione, li salutiamo.
Oggi non consideriamo questa una tappa, dobbiamo solo scendere lungo un torrente dalle acque di smeraldo fino alla “civiltà”. Non abbiamo tempo di fare un bagno che sarebbe sicuramente rinfrescante, né di andare a vedere lo spettacolare Bus del Buson, l’antico corso del torrente Ardo.
Alle 11 abbiamo fissato un taxi a Case Bortot, dopo c’è solo asfalto fino a Belluno.
La nostra Alta Via 1 è finita.
Resta solo da farsi dare, dal Centro di Informazione Turistica il nostro meritato distintivo che attesta l’aver percorso l’Alta Via 1 delle Dolomiti e poi treno, treno, treno e CASA.
Quanto costa l’Alta via delle Dolomiti? Consigli finali
- Costo complessivo attorno ai 600/650 euro comprensivi di circa 140 euro per il viaggio a/r da Firenze.
- Costo indicativo per ciascun rifugio+cena+colazione fra 45 e 70 euro (sconti CAI per i soci nei rifugi a gestione CAI).
Attenzione: chiedere sempre se l’acqua del rifugio è potabile. In due casi è stato necessario usare acqua minerale a causa della dubbia potabilità.
E poi che dire?
Percorso fantastico per panorami, varietà del percorso, sentieri, cibo e accoglienza.
Se mi fosse richiesto di fare una classifica sicuramente metterei questa Alta Via ai primi posti fra i miei trekking, forse proprio al primo.
Pochi, purtroppo, gli Italiani incontrati.
Molti i Tedeschi che, in qualche caso percorrono questa alta via all’interno del più lungo percorso che unisce Monaco di Baviera alla nostra Venezia.
Ma abbiamo incontrato anche Inglesi, Austriaci, Olandesi, Australiani, Israeliani… Giapponesi. Tutti con scarponi ai piedi, zaino in spalle, lo sguardo perso nella meraviglia dei posti e un sorriso sempre pronto per salutare chi si incontra.
Tantissime le possibili varianti al sentiero principale. Trovate il vostro sentiero senza preoccuparvi troppo della piccola o grande variante. Inventatevi la Vostra Alta Via, tutti i sentieri portano a Belluno.
Qui il racconto con le foto a video:
Marco e Andrea
Marco Lascialfari, nonostante non abbia la frangetta e non sia neppure una ragazza (ve ne siete accorti per caso?)… è l’autore di questo post e il protagonista di questa esperienza.
Se volete scrivergli: fringeintravel@gmail.com
Ogni giovedì appuntamento fisso con racconti o video di trekking, cammini o escursioni! Idee per nuove gite o consigli, trovate tutto qui: FRINGE IN TREKKING Se volete invece ess ere sempre aggiornati e non perdervi nessun post, iscrivetevi alla newsletter e indicate “trekking” negli interessi. |
Gianni Rani dice
Ma è fattibile in 10 giorni?
Volevo seguire queste tappe
Francesco dice
Ciao, complimenti per l’utile resoconto! Ho percorso con un amico il tratto da Braies a Palafavera in 5 giorni, a differenza di voi ci siamo portati tenda , sacco a pelo e annessi vari per cui il peso complessivo dell’equipaggiamento è aumentato considerevolmente! Per percorrerla tutta con questa modalità e riuscire anche a “godersela” un po’ sono indubbiamente necessari più giorni e tappe più corte. Oltre che, magari, una tenda “tecnica” performante e al contempo leggera…
Il secondo giorno abbiamo inserito una variante: dal rifugio Biella, passando per il Fanes, siamo saliti al bivacco della Pace; tappa un po’ lunga dati i carichi, ma decisamente meritevole! Il giorno dopo siamo scesi in val Travenanzes e da lì al Falzarego.
Grazie di nuovo!
Mario D'Agostino dice
Ciao sono Mario, complimenti, bellissimo itinerario che mi sto organizzando in autonomia. Purtroppo le prime tappe le sto rivoluzionando, perché ho avuto problemi a trovare posto nei rifugi. Ti chiedo per cortesia se lungo il trekking, a parte nei rifugi, si incontrano punti d’acqua. Sai bene che camminare con meno peso possibile è sempre meglio. Grazie per l’eventuale informazione e “sempre in marcia”!
Marco dice
Ciao,
volevo a metà luglio fare dal Lagazuoi al Vazzoler in 4 giorni dormendo al Nuvolao, Fiume, Venezia, Tissi.
I sentieri sono puliti? La,domanda sembra stupida, ma volevo capire,cosa attendermi per il problema delle zecche,
Bellissima esperienza.