Foto e articolo di Marco Lascialfari (Firenze)
Quest’anno molti hanno scelto la montagna per le loro vacanze.
Così, oltre agli appassionati sempre in cerca di roccia, arrampicate, percorsi solitari, scorci da urlo, ecco che famiglie ben più tranquille e magari con bambini/ragazzi vogliono godere della bellezza delle Dolomiti e, anche con poco allenamento, cercano il loro sentiero, il loro panorama il loro angolo da fotografare e portare a casa in ricordo di una bella vacanza.
Sono stato a campeggio a Dobbiaco in roulotte assieme a mia moglie ed Arturo (il nostro piccolo e peloso Jack Russell) e in una settimana non siamo mai passati sullo stesso sentiero: qui c’è solo l’imbarazzo della scelta!
Ricordo (ma come potrei dimenticare):
– Val Fiscalina e salita al rifugio Comici
– Valle San Silvestro
– Museo all’aperto di Anderte Alpe
– Giro delle Tre Cime
– Lago Sorapis
– Monte Piana
E proprio della escursione al Monte Piana, vi vorrei parlare.
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Indice degli argomenti
Escursione al Monte Piana
Vi dico subito che questa escursione differisce completamente da tutte le altre.
Non è soltanto una escursione dove si possono ammirare i panorami, la natura, il sentiero, ma lo è per la storia che racconta: la storia di due popoli divisi da un confine messo lì dall’idiozia dei governi del tempo … il tutto per contendersi un prato, una roccia, un masso, una buca.
Una storia fatta di assurda sofferenza, di ragazzi appena ventenni saliti su queste montagne da paesi e città anche vicine ma purtroppo divisi da una stupida linea chiamata CONFINE; mandati qui per morire per un colpo di moschetto, dilaniati da una granata o uccisi, ancor peggio, di fame, di freddo.
E’ questo,infatti, uno dei tanti fronti della Grande Guerra, della Prima Guerra Mondiale quella del 1915-18.
Dove si trova
Il Monte Piana è situato nel Parco delle Tre Cime di Lavaredo tra il lago di Misurina, le Tre Cime e il lago di Landro.
Situato nelle Dolomiti di Sesto, sulla sua cima passa il confine tra la provincia di Belluno (Veneto) e la provincia autonoma di Bolzano (Alto Adige) “che in pratica coincide con la frontiera che nel 1753 separava la Repubblica di Venezia con l’Impero austriaco” (fonte wikipedia).
Differisce completamente dalle cime dolomitiche che la circondano con la sua sommità praticamente pianeggiante ovvero costituita da due collinette (Monte Piana e Monte Piano) separate da una dolce forcella chiamata forcella dei Castrati.
Come raggiungere la cima
Per quanto riguarda il modo per raggiungere la cima vi segnalo tre diversi percorsi:
Il primo e più semplice: da Misurina
Arrivati con l’auto al lago di Misurina si parcheggia nei pressi del bar Genzianella.
Da qui parte un servizio di navetta che in circa 20 minuti vi porta al rifugio Angelo Bosi al monte Piana.
Più facile di così! Questo sistema permette di dedicare tutto il tempo a visitare questa cima e al suo Museo all’Aperto.
Il secondo, più duro: verso le Tre Cime
Da Misurina prendete la strada che conduce alle Tre Cime, lasciata l’auto al parcheggio del lago d’Attorno, percorrete 200 metri di strada verso le Tre Cime, appena passato il lago, sulla sinistra inizia un sentiero che attraversa un boschetto fino ad incrociare, nei pressi di Forcella Bassa la strada chiusa al traffico (bici incluse) ed ad uso esclusivo della Navetta Misurina-Monte Piana (oltre a mezzi di servizio/soccorso).
Ora non vi resta che salire (circa 1,30 h) i 600 metri che vi portano al rifugio Bosi.
Attenzione anche la discesa, una volta terminato il giro del Monte Piana, è abbastanza impegnativa.
Il terzo, duro e solo per EE (o EEA): dal Lago di Landro
Dal Lago di Landro si prende il sentiero n. 6 che conduce, con un dislivello superiore ai 1000 metri (oltre 3,30 ore), al monte Piano.
E’ questo un sentiero molto interessante e che, nei pressi della sommità termina con due varianti. Una comprende un piccolo tratto attrezzato (EEA).
Noi abbiamo subito escluso il percorso da Lago di Landro decidendo di salire a piedi dal lago di Attorno. Col senno di poi non è una buonissima idea.
Intanto ci abbiamo impiegato quasi due ore e poi la strada non è proprio il massimo: asfalto, passaggio ripetuto del fuoristrada che fa da navetta, ecc.
E così siamo saliti sì a piedi… ma siamo scesi a valle tramite la navetta.
A mio parere conviene usare la navetta e dedicare più tempo a girare con calma e soprattutto più riposati la cima del Piana. O se proprio siete dei bravi camminatori fatevi il sentiero che parte dal Landro … ma questa è un’altra storia.
Percorso
Dal rifugio Angelo Bosi, dove arriva il servizio navetta, la strada diventa sentiero e sale leggermente.
Ecco, guardiamoci attorno e vedremo la meraviglia di quanto ci circonda: le Tre Cime, la Croda Rossa dominano l’orizzonte ma non fermiamoci solo a questo splendore.
Il lago di Misurina, la conca del lago di Landro e poi la stretta vallata che, poco distante ci porta a Dobbiaco.
Ma basta percorrere poche centinaia di metri e si entra nella storia.
Le trincee del Monte Piano: camminare nella storia
Ora abbassiamo lo sguardo e le prime trincee emergono dal terreno, qua e là spezzoni di filo spinato, resti di baracche appena individuabili, buche e avvallamenti dove sono cadute le bombe.
Entri in una trincea e scopri un camminamento sotterraneo, lo segui con la luce del telefonino, prosegui nel buio e poi una scala ti riporta in superficie a 50 metri dal punto di partenza.
Siamo sul fronte Italiano ma gli “odiati” Austro-Ungarici dove stavano? Ti guardi attorno e inizialmente non capisci. Un monumento con una croce, una chiesetta, un piccolo monumento con una Campana della Amicizia … ma il nemico?
Scendi verso la forcella dei Castrati e risali il piccolo pendio che sale verso la seconda collinetta (Monte Piano) e ancora sei fra costruzioni e trincee, vi entri … e allora capisci o meglio leggi: “postazione di mitragliatrice AUSTRIACA conquistata dagli Italiani nel ...”.
Cavolo! Ma fra le due linee ci sono poche centinaia di metri, da altre parti anche meno.
La Battaglia di Monte Piana avvenne qui.
Oggi è diverso, la guerra si fa da remoto, montiamo una Go-Pro sul missile e ne vediamo gli effetti in diretta anche se avviene dall’altra parte del mondo. Qui si moriva per una granata lanciata da un ragazzo che, se pur brevemente, avevi visto in volto, oppure per un colpo di baionetta di uno che, pieno di paura urla venendoti contro. Chi sa se anche lui a casa ha una giovane moglie che lo sta aspettando. E poi qui si moriva per il freddo e per la fame. Ai piedi scarpe di cartone e stracci, mani avvolte in cenci. Niente guanti in Gore-Tex ne’ scarponi con suole in Vibram, niente piumini in vera piuma di oca…
E i rifornimenti come arrivavano?
Allora non c’era la navetta, c’erano sacchi pesanti portati a spalla o con i muli e dalla parte Austriaca si arrivava tramite quel sentiero che ho escluso a priori perché troppo duro! Poi si costruì una teleferica, ma non migliorò molto.
Quanti saranno stati qua gli Enrico Toti? Quanti, a corto di munizioni si saranno tirati quel che avevano a portata di mano? Quanti si saranno buttati all’assalto verso una immediata e più veloce morte rispetto a quella per fame o freddo? E cosa si saranno detti nei momenti di tranquillità fra Austriaci e Italiani? Si saranno mandati a quel paese o si saranno raccontati di avere una fidanzata, una moglie, dei genitori o dei figli che speravano di rivedere a fine guerra? Avranno scoperto che si conoscevano da tempo perché prima di quell’assurdo confine si scambiavano merci, andavano e veniva percorrendo liberamente quelle valli … e magari erano anche parenti? Girate con calma ma non limitatevi a guardare o a fare foto (io ne fatte pochissime). Chiudete gli occhi tornate indietro di poco più di 100 anni e immaginatevi tutto questo d’inverno. Il freddo, il buio, l’odore dei morti, il lampo della mitragliatrice le granate che esplodono nella trincea accanto, le urla di chi è stato ferito.
Ragazzi, per lo più, e ben 14.000 di loro lasciarono la vita su questa montagna. Una assurdità quanto assurda è la guerra.
Basta così; oggi c’è il sole, i prati sono fioriti, le buche scavate dalle bombe sono avvallamenti sui bordi dei quali sedersi per riposarsi o mangiare un panino.
Oggi, per fortuna sono trascorsi molti anni, molti ma non tantissimi e val sempre la pena ricordare perché tutto questo non succeda più.
Il mio consiglio? Informatevi bene sulla storia di questo fronte anche cercando notizie sul web, acquistate una guida a Misurina o meglio cercate qualcuno che vi faccia da guida.
E portateci i vostri ragazzi. Sarà una lezione incancellabile.
Marco
Marco Lascialfari, nonostante non abbia la frangetta e non sia neppure una ragazza (ve ne siete accorti per caso?)… è l’autore di questo post e il protagonista di questa esperienza.
Se volete scrivergli: fringeintravel@gmail.com
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Jules dice
Molto interessante questo percorso, una terra che ha molto da raccontare, deve essere stato molto di impatto passare di lì. Però grazie Marco per avermelo fatto scoprire!
claudio bodio dice
Bellissimo racconto mi sono emozionato solo leggendolo …Grazie di tutto ciò