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Selvaggio Blu: mini guida per il trekking più difficile d’Italia
Foto e articolo di Marco Lascialfari (Firenze)
Il Selvaggio Blu è un insieme di percorsi che conducono, attraverso il Supramonte di Baunei, da Santa Maria Navarrese a Cala Sisine (o allungando di una tappa a Cala Luna) nella provincia di Nuoro, in Sardegna.
Percorrere questi antichi sentieri appena tracciati ed usati fino agli anni ’50 dai pastori locali o dai carbonai venuti dal continente, va detto da subito, è un’esperienza unica. Molti, volendosi informare su cosa sia e cosa comporti, chiedono e provano a immaginare confronti con i più noti trekking europei: il GR20 in Corsica, il TMB (Giro del Monte Bianco) o il TMR (Giro del Monte Rosa), ecc.
Bene: scordatevi tutto questo.
Selvaggio Blu: cosa è importante sapere prima di partire
1. Non troverete segnali (o se ne troverete alcuni non vi saranno molto utili) che indichino il giusto sentiero.
2. Non avrete a disposizione rifugi al termine della tappa.
3. Non dovrete limitarvi a camminare, ma dovrete arrampicare, percorrere ferrate, passare su frane dal difficile equilibrio, calarvi con imbrachi e corde in passaggi verticali che variano da dieci a cinquanta metri, percorrere grotte per passare da un lato all’altro di una falesia.
Qual è il percorso Selvaggio Blu originale?
Non esiste UN Selvaggio Blu, ma una varietà di percorsi diversi.
Volendo comunque individuare questi percorsi si può parlare di tre diversi trekking.
Selvaggio Blu ovvero quello originario individuato negli anni ottanta da Verin e Cicalò, che in alcuni tratti obbliga a seguire il sentiero che rientra verso l’interno.
Selvaggio Blu+Blu cioè quello realizzato nel 2014 da Explorando Supramonte e dalla guida alpina Marcello Cominetti che, pur percorrendo alcuni tratti del trekking originario si mantiene più vicino alla costa con passaggi tecnici su ferrate ed arrampicate (Ferrata di Golorotzè) e che fa tappa alla Grotta del Fico.
Blu Selvaggio, il percorso inverso che, mi dicono estremamente duro e particolarmente spettacolare, come se gli altri fossero una passeggiata!
Quello che ho percorso dal 23 al 29 maggio 2016 assieme ad altri 10 compagni e che sto per raccontarvi è il così detto Selvaggio Blu+Blu organizzato da Explorando Supramonte.
Come organizzarsi per fare il Selvaggio Blu?
Per quanto riguarda il “come farlo” io credo che, parere personale, il miglior modo sia appoggiandosi ad organizzazioni locali usufruendo così di logistica e guida. Oltre a farlo in tutta sicurezza, non è da disdegnare anche un po’ di comodità. Un conto è viaggiare con uno zaino leggero con le sole cose necessarie per quel giorno di trekking e attendere che a fine tappa ti portino con il gommone la tenda, la cena, l’acqua, ecc.
Un conto è doversi portare tutto sulle spalle e, con un bel peso, percorrere sassaie, scalare piccoli tratti di arrampicata, salire su ferrate, ecc.
Aggiungete poi l’attrezzatura personale da ferrata: casco, imbraco, longe, cordini vari, moschettoni, discensore, dissipatore… Più, in comune nel gruppo, due corde da 50 metri.
Occorre inoltre sottolineare che farlo con queste guide locali, oltre ad essere di aiuto all’economia del posto, è bellissimo perché ascoltare le storia della popolazione, gli aneddoti, avere informazioni sulla flora e la fauna, conoscere le problematiche del difficile equilibrio naturale aggiunge al piacere visivo bel po’ di conoscenza.
Per il cibo e i viveri molti pensano che, i giorni prima della partenza, sia sufficiente distribuire nei fine tappa, nascondendo nella vegetazione cibo e acqua, per poi recuperarli a fine giornata.
C’è chi lo fa ma rischia molto: intanto rischia di non trovare niente perché “rubato” da altri trekker o semplicemente mangiato e/o distrutto dai tanti maiali/cinghiali presenti.
Inoltre tale pratica è, proprio per il problema del possibile inquinamento del territorio, ESPRESSAMENTE VIETATA.
Se proprio volete fare il trekking senza guida, almeno appoggiatevi alla logistica delle organizzazioni locali facendovi portare a fine tappa cibo, acqua e tende/sacchi a pelo.
Dicevo che i sentieri NON sono segnati: e non vi azzardate a farlo!
Se avete la traccia GPS usatela ma guai a marcare con vernice alberi o sassi … Il territorio è integro e tale deve restare. La comunità locale ne è gelosissima
Quando fare il Selvaggio Blu?
Per il “quando farlo” la risposta è semplice: primavera o autunno… MAI d’estate.
Diciamo semplicemente che dopo maggio (max) i sentieri diventano forni e la totale assenza di acqua certamente non aiuta.
Anche da metà settembre in poi è perfetto. Da non disdegnare neppure il fatto che in autunno il mare è ben più caldo che in primavera e quindi i bagni, a termine tappa, saranno certamente più gradevoli. Si può fare anche in inverno, basta contattare le organizzazioni locali… ma le giornate sono molto corte.
Cosa serve portare per il Selvaggio Blu: materiali e zaino
Come dicevo il mio Selvaggio Blu è stato un trekking… di gran comodo. Ma è comunque un trekking duro e classificabile EEA.
Per farlo con tranquillità un piccolo accorgimento: intanto separiamo quanto serve per il trekking giornaliero e quanto per la sosta notturna e per i viaggi in auto da casa a Santa Maria Navarrese.
Cosa portare per il trekking:
– 1 zaino leggero (circa 20 litri)
– attrezzatura da ferrata (dissipatore, imbraco, daisy chain, 4 moschettoni, discensore, cordini per sicurezza, casco, guanti da ferrata o da lavoro) da portare solo nelle tappe in cui serve.
– 2 bastoncini da trekking: da valutare. (Poco usati, sentieri troppo “accidentati”, più di impaccio che di aiuto e abbandonati nel borsone dopo la prima tappa)
– maglietta, pantaloncini o pantaloni lunghi, intimo, cappello, calze da trekking e scarpe rodate
– 1 pile
– 1 kway
– 1 costume
– 1 paio di ciabatte (meglio sandali chiusi oppure scarpette da scoglio)
– occhiali da sole, creme solari, igienici
– macchina fotografica con batteria di scorta
– cellulare (poi ne parliamo)
– acqua, panini, frutta… per la giornata
Nel borsone che arriva la sera e riparte il mattino successivo:
– 1 tendina (ma c’è chi porta solo un telo impermeabile)
– materassino
– sacco a pelo
– vestiti di ricambio
– 1 tazza in alluminio, 1 piatto, posate. Insomma tutto quello che serve, ma non durante il percorso.
– carica batteria per cellulare e macchina fotografica
NB: si potrà ricaricare solo alla grotta del Fico. In alternativa portatevi carica batteria solari e/o powerbank. Ricordatevi inoltre che il segnale per il cellulare è molto discontinuo a causa dell’orografia.
Attenzione è meglio che il borsone sia impermeabile.
A volte, se il mare è mosso e il gommone non riesce ad arrivare a terra, i bagagli vengono passati al volo fra gli spruzzi delle onde. Eventualmente si mettono le cose che non devono bagnarsi in sacchi stagni.
E sul come è andata? Il racconto del Selvaggio Blu di Marco: giorno per giorno
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Marco Lascialfari, nonostante non abbia la frangetta e non sia neppure una ragazza (ve ne siete accorti per caso?)… è l’autore di questo post e il protagonista di questa esperienza.
Se volete scrivergli: fringeintravel@gmail.com
Ogni giovedì appuntamento fisso con racconti o video di trekking, cammini o escursioni! Idee per nuove gite o consigli, trovate tutto qui: FRINGE IN TREKKING Se volete invece ess ere sempre aggiornati e non perdervi nessun post, iscrivetevi alla newsletter e indicate “trekking” negli interessi. |
antonella romagnoli dice
Bellissimo trekk! anche noi fatto come tu suggerisci, con la Cooperativa Goloritze ( Selvaggio Blu originale). Per godere del trekk con un minimo di comodità come dici tu e anche di goduriosi pranzetti e colazioni
Marco Lascialfari dice
Non c’è dubbio ! uno dei più bei trekking. Un territorio selvaggio e incredibile.
Galli Maria francesca dice
Percorso selvaggio veramente ma con l azzurro del mare sotto ottime le guide del posto.
Ubaldo dice
Leggendo qui mi è tornata la voglia di rifarlo, eravamo quattro amici e facemmo quello “integrale” fatto nell’ottobre del 1994…ma vedo che sono cambiate moltissime cose… noi non avevamo ne ferrate ne GPS e zaini assassini…sono in due posti abbiamo lasciato (tramite gommone) due rifornimenti di cibo, no acqua. Quello che ci ha salvato per quanto riguarda l’acqua è stata una pompa katadyn (che ho perso verso la fine del percorso, sic.) e pasticche d’argento micropur. Fu una settimana stupenda anche grazie al nostro amico Massimo che rimarrà sempre nei nostri cuori.